Agire localmente


Conversando con Fabrizio Barca - viaggio nell'Italia disuguale
di Fabrizio Ricci - Ediesse editore

Le Aree Interne sono quella vasta parte del territorio nazionale – pari a circa il 60 per cento della superficie –  che per carenza di servizi, di opportunità, per il degrado ambientale e paesaggistico, stanno subendo un calo o invecchiamento della popolazione. Chi ancora oggi vive in queste aree, quasi un quarto della popolazione italiana, in assenza di solide prospettive di rilancio avrà sempre più difficoltà a rimanervi in futuro.


IL LIBRO
La disuguaglianza è il peggiore nemico del tempo presente. Essa può assumere molte forme: c'è quella economica, quella sociale, ma c'è anche quella di “riconoscimento”. L'occidente è attraversato da queste faglie di disuguaglianza, che hanno una natura fortemente territoriale: faglie fra aree rurali e urbane, fra periferie e centri, fra città in decadenza e fiorenti. Se queste sofferenze non trovano la strada dell'avanzamento sociale, si trasformano in rabbia verso elites e istituzioni e in deriva autoritaria.
L'Italia non fa eccezione. C'è un pezzo importante del Paese che avverte abbandono. Sta nelle periferie. E nell'Italia delle due “erre”, rurale e rugosa, l'Italia delle aree interne. Qui si combatte una sfida tra innovatori e rentiers, ovvero quei pezzi di classe dirigente locale che sono più preoccupati più di difendere rendite di posizione, maturate in un connubio perverso con la classe dirigente nazionale, che di invertire il declino.
Quando sono questi ultimi a vincere, per i giovani e gli innovatori le possibilità sono due: una è la fuga, l'altra è l’insubordinazione ai rituali del passato. 

Fabrizio Barca è un sostenitore convinto di questa seconda ipotesi. Perché per costruire una nuova stagione di avanzamento serve uno shock ed è meglio che non sia un terremoto a provocarlo, perché questo uccide persone e relazioni. Serve affinché le aree interne possano liberare il loro potenziale e diventare motore di nuovo sviluppo per l’Italia. Il cambiamento va però innescato attraverso un processo “rivolto ai luoghi", che parta cioè dall'azione delle comunità e dei cittadini organizzati, che, nel vuoto lasciato dai partiti, diventano i protagonisti.

È l'insegnamento della travagliata esperienza aquilana, dopo il sisma del 2009. Ed è un metodo che, in forme diverse, vale anche per le grandi città, persino per Roma. Questo piccolo viaggio fatto di domande e risposte, tra aree interne, zone terremotate e degrado urbano, vuole provare ad offrire spunti per la costruzione di un progetto, certamente ambizioso, ma possibile. In cui un pezzo di paese è già impegnato.

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