😎 (Mi sembrava interessante e ho voluto condividerlo)

 IDEE PER LA POLITICA » DOMENICO DE MASI

(Dal: IL FATTO QUOTIDIANO Mercoledì 10 Novembre 2021)

 LA BATTAGLIA M5S E PD AL NEOLIBERISMO. PA R A L L E L I 

La tutela degli ultimi passa da un nuovo vocabolario che ridia sostanza ai concetti di “lotta di classe”, élite e massa: di certo i due “partiti” hanno ancora molto su cui devono lavorare 

  Un mistero della politica italiana: come mai, da mesi e in tutti i sondaggi, gli orientamenti favorevoli al Pd non crescono e quelli favorevoli ai 5Stelle non calano. Prendiamo, per tutti, il sondaggio che Mentana divulga ogni lunedì nel suo telegiornale. Il 1º luglio 2019 (28 mesi fa) il Pd era al 22,6%; un anno dopo, il 1º giugno 2021, era al 19,5%; sei mesi dopo, il 18 gennaio 2021, era al 20,1%; lunedì scorso era di nuovo al 20,1%. Eppure, nel frattempo, è cambiato il segretario del partito, Letta sta provando a rinnovarlo dalle fondamenta, nelle ultime elezioni amministrative ha ottenuto un indiscutibile successo. Nello stesso arco di tempo e nelle stesse date, anche il Movimento 5 Stelle ha presentato solo oscillazioni minime: il 1º luglio 2019 era al 17,2%; un anno dopo era al 16,0%; sei mesi dopo era al 15,8%; lunedì scorso era al 16,3%. Eppure, nel frattempo, in questo partito è successo di tutto. A dire il vero, ci sarebbe anche un altro mistero, ma di minore entità: come mai, nonostante il disastro in cui Renzi sta trascinando Italia Viva, nessuno dei suoi 26 deputati, 15 senatori e 2 eurodeputati azzarda a disarcionarlo o lo abbandona al suo destino? Ma torniamo al Pd e ai 5Stelle, che si auto-collocano entrambi “a sinistra”. Nell ’immaginario collettivo, questa collocazione rinvia a una forza organizzata in difesa degli svantaggiati, per realizzare una società in cui lo Stato svolge un ruolo attivo anche nell’economia, le leggi mirano al benessere della collettività più che dell’individuo, il potere è partecipato, le disuguaglianze diminuiscono, le libertà civili sono difese e il welfare, come diceva Beveridge, aiuta a liberare i cittadini da quattro mostri: bisogno, malattia, ignoranza e squallore. Nella forma rivoluzionaria, la sinistra ha prodotto il grande, tormentato e fallito esperimento del comunismo reale; nella forma riformista, tra il 1945 e il 1975, ha prodotto quelle conquiste del proletariato che in Italia culminarono con lo Statuto dei lavoratori (1970) e con la riforma sanitaria (1978). Dopo quei trent’anni enfaticamente detti “gloriosi”, il neoliberismo si è ripreso la rivincita e, a partire dagli anni Ottanta di Reagan negli Stati Uniti e della Thatcher in Gran Bretagna, ha imposto ovunque la privatizzazione delle imprese pubbliche e la riduzione delle tasse in modo da affamare la bestiaStato (“Star ve the beast”, diceva Reagan con eleganza texana). Ha messo a punto la sua politica economica centrandola sull’individuo, sul mercato, sulla concorrenza e gestendo qualunque istituzione – una scuola, un tribunale, un ministero – come fosse u n’impresa (“Thereis no alternative” tagliava corto la Thatcher). Infine, ha ridotto al minimo il w e l f a re facendo precipitare nella desolazione fasce crescenti di poveri (“Lo Stato sociale è morto” sentenziava Draghi). Anche se il neoliberismo ha stravinto su tutti i fronti – sul comunismo, sulla socialdemocrazia, sul keynesianesimo, sulla “terza via” – anche se nel mondo quasi tutti i governatori e i presidenti di banche, i ministri delle Finanze, i professori di Economia, gli imprenditori, i manager, i media economici sono neoliberisti, tuttavia, dopo mezzo secolo di strapotere, mai questa scuola di pensiero è stata così in crisi come oggi, schiacciata dagli effetti perversi del suo stesso trionfo. Elaborata da ricchi per ricchi, l’economia marginalista, esplicitamente pensata per contrastare l’ascesa del proletariato socialista, è riuscita a proletarizzare il 99 per cento della popolazione rendendo tutti precari, tutti in soprannumero. Il Covid-19 ha fatto il resto, sicché ora in Italia vi sono 5 milioni di poveri assoluti e 7 milioni di poveri relativi: 12 milioni di cani senza collare, di personaggi in cerca d’auto - re, tutti accomunati dall’insicurezza in cui il neoliberismo li ha intenzionalmente gettati per renderli fragili, mansueti, rassegnati di fronte alla fatale prospettiva di una inarrestabile discesa all’inferno. Fino al 1984, cioè fino alla scomparsa di Berlinguer, questo esercito di riserva, questi stracci al vento, avevano il Pci come punto di riferimento, portavoce e speranza. Poi, abbandonati da se stessi dai partiti tutti convergenti al centro, hanno cessato di essere classe o almeno embrione di una classe e si sono dispersi in mille rivoli. Marx seppe subito riconoscere nella fabbrica, appena partorita dalla distruzione creatrice del capitalismo, un’occasione preziosa per l’aggregazione, la lotta e il riscatto degli operai organizzati in classe proletaria. Oggi, mi si perdoni il paragone, i leader della sinistra – penso a Letta, Conte, Fratoianni, Bersani, Provenzano, Barca – hanno un’occasione altrettanto storica per invertire la forbice tra ricchi e poveri e ridistribuire equamente la ricchezza, il lavoro, il potere, il sapere, le opportunità e le tutele contrapponendo al neoliberismo in crisi un modello nuovo di società. È pur vero che, sul piano dell’elaborazione teorica e degli strumenti operativi, la lotta appare impari. Il neoliberismo dispone, al di là e al di qua dell’Atlantico, di una folta élite di premi Nobel e altri cervelli geniali, tutti ben finanziati, di una bibliografia imponente, di una rete capillare di facoltà universitarie e corsi di laurea, di club, fondazioni, partiti e case editrici. Mentre il paradigma neoliberista è stato perfezionato con acute intuizioni e rigore metodologico lungo un arco di 150 anni, non esiste un pensiero neomarxista o neo-socialdemocratico altrettanto compiuti, sicché molti intellettuali e politici di sinistra hanno colmato questo vuoto prendendo sciaguratamente in prestito dal neoliberismo le idee che il neoliberismo aveva concepito proprio contro di loro. Nel recente libro-dialogo di Fabrizio Barca e Fulvio Lorefice Disuguaglianze Conflitto Sviluppo. La pandemia, la sinistra e il partito che non c’è, si rimettono finalmente in circolo parole come classe, conflitto, ideologia e si invoca la “ricostruzione di un soggetto politico che prenda la guida di un cambiamento radicale”. Ma se questo soggetto politico non può nascere senza una qualche alleanza tra Pd e 5Stelle, occorre tener conto del fatto che la distanza esistente tra la robusta elaborazione teorico-pratica del neoliberismo e quella esile del Pd, è almeno pari alla distanza che si riscontra tra l’esile elaborazione teorico-pratica del Pd e quella quasi inesistente del Movimento 5 Stelle. Conte ha cercato di conferire al Movimento un minimo di ossatura ideologica tramite la Carta dei principi e dei valori contenuta nello Statuto, ma siamo an - cora lontani da un compiuto paradigma capace di confrontarsi con le grandi teorizzazioni socio-politiche. È possibile dilatare all’infinito i tempi della riorganizzazione del neo-Movimento senza che questo si sfaldi? È possibile tollera r e che il governo Draghi snaturi sistematicamente i capisaldi dei 5Stelle come, ad esempio, il Reddito di cittadinanza? È possibile farsi sfuggire la bandiera dell’ecologia? Quesiti analoghi si potrebbero rivolgere al Pd tenendo conto di una differenza di fondo: gran parte dei militanti 5Stelle neppure sanno cosa sia il neo - liberismo mentre buona parte dei militanti Pd sono neoliberisti. Entrambi avrebbero bisogno di un pensiero e un’azione ben più radicali, di un linguaggio simile più a quello di José Mujica che a quello di Aldo Moro. Prendendo atto – come diceva Don Milani – che la tolleranza non è più una virtù.

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