La salute non è una merce, la sanità non è una azienda
Riporto un appello del Consiglio Direttivo di Medicina Democratica Movimento di Lotta per la Salute Onlus per la creazione di un Coordinamento Nazionale del 20 aprile 2020 per un contributo e approfondimento alla nostra discussione.
La salute non è
una merce, la sanità non è una azienda
Appello e proposta di discussione e iniziativa: Diritto
alla Salute, Sanità Pubblica universale, gratuita e partecipata - Per un
Coordinamento Nazionale: la salute non è una merce, la sanità non è una azienda
CHIEDIAMO A TUTTE LE REALTÀ E AI SINGOLI CHE CONDIVIDONO LE
CONSIDERAZIONI E GLI OBIETTIVI BASILARI QUI ESPRESSI di riunirsi in un
Coordinamento nel quale, mantenendo le proprie peculiarità e scopi, tutti
possano contribuire ad approfondire e orientare iniziative per costruire
assieme una vertenza nazionale condivisa nei confronti delle istituzioni, a
partire dal Governo, fondata sull'affermazione di un sistema sanitario
pubblico, universale, partecipato e gratuito (pagato dalla fiscalità
generale). Solo con la forza di una mobilitazione estesa sul
territorio e di massa si potrà invertire la tendenza e ripartire su nuove basi,
dopo la pandemia, affinché “nulla sia più come prima” perché le condizioni
della “normalità” previgente costituivano la vera malattia sociale e
ambientale.
La pandemia da COVID-19 (SARS-CoV-2) che ha particolarmente
colpito il nostro paese, soprattutto le regioni del Nord, ha fatto emergere i
limiti del sistema sanitario: quello pubblico, falcidiato negli anni passati
dai tagli in finanziamenti e operatori, dalla disgregazione e dalla
frammentazione; quello privato attento esclusivamente alla corsa all’utilizzo
della malattia e dei servizi sanitari e farmaceutici a scopo di profitto. La
conduzione dell’emergenza ha reso evidente che solo un sistema pubblico
organizzato e preparato può dare una risposta idonea alla crisi sanitaria che
un’epidemia di grandi dimensioni determina. Siamo convinte e convinti che
nelle associazioni, nei comitati, nei movimenti, nei sindacati (vecchi e nuovi)
che perseguono l’attuazione e la salvaguardia del diritto alla salute garantito
dall’articolo 32 della Costituzione e dalla legge istitutiva del Servizio
Sanitario Nazionale (SSN) (L. 833/1978), come pure nella popolazione, vi sia
una rinnovata convinzione e coscienza della assoluta necessità della Sanità
Pubblica. “...La rinnovata consapevolezza della differenza che può fare
un'istituzione di sanità pubblica universale e libera, è vividamente presente
nei paesi più colpiti oggi. Iniziative come quelle spagnole per mettere tutti
gli ospedali privati sotto il controllo statale indefinitamente - dovrebbero
diffondersi a livello internazionale come il virus e generare un forte consenso
globale su una visione basata sui diritti dei sistemi e dei servizi sanitari,
che va al di là delle questioni relative alle risorse finanziarie. Lo considero
il punto di non ritorno politico dell'attuale crisi virale. In realtà, questo è
il “coronavirtù” che dobbiamo cogliere e preservare, se prendiamo sul serio la
copertura sanitaria universale e lo sviluppo sostenibile per tutti.”
(Nicoletta Dentico)
Su queste premesse proponiamo ai destinatari e agli
interessati di costituire un Coordinamento nazionale in grado di aprire una
vertenza per modificare quelle scelte politiche e conseguenti pratiche
sanitarie, che hanno portato all’attuale disastro. I punti nodali che riteniamo
possano essere oggetto di discussione e condivisi sono i seguenti:
1. La storia che ha portato allanascita della Riforma Sanitaria del 1978 e alla sua prima attuazione ècaratterizzata da un forte impegno per la prevenzione .
È una storia che inizia con la Resistenza (proposta del CLN Alta Italia, 1944)
ed ha percorso il movimento operaio e sociale degli anni ’70. È la storia della
nascita di fondamentali servizi e strutture determinanti per la salute dei
cittadini: i servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro, per la salute della
donna, per l’igiene pubblica e ambientale, per la salute mentale, per le
tossicodipendenze, per la medicina in età scolastica.
2. Alla affermazione iniziale del SSN ha fatto
seguito un suo lento declino fino agli ultimi anni con una progressiva
destrutturazione e riduzione di ruolo e servizi. Dai servizi territoriali si è
passati alla centralità degli ospedali, a loro volta, con il taglio dei
finanziamenti, ridotti nel numero e nei posti letto (terapie intensive
incluse). Si è investito in “sanità residenziale” con nuovi ospedali in nome
dell’eccellenza o della razionalizzazione attivando speculazioni edilizie il
cui peso economico è stato spostato sul futuro (project financing).
3. L’organizzazione complessiva del SSN
determinata dalle leggi di riordino a partire dal decreto legislativo 502/92 va
rivista a partire dai seguenti nodi: i) Ritorno al decentramento con i
sindaci quali garanti della salute dei cittadini in luogo di ideologie
aziendaliste – con direttori generali aventi “poteri assoluti” su territori
troppo ampi per poter tenere conto delle loro peculiarità e problemi,
condizione che incide negativamente su tutti i determinanti di salute. ii)
Ristabilire i modi di partecipazione e controllo da parte dei cittadini. iii)
Garantire un finanziamento congruo passando da un sistema che paga la malattia
ad un sistema che paga i risultati in termini di salute. iv) Mantenere
correlati e non separati gli interventi di carattere sociale e assistenziale;
per esempio le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) devono essere a pieno
titolo nel SSN.
4. Il finanziamento di un SSN universale e gratuito
che possa tutelare tutta la popolazione in modo solidale è ottenibile solo
attraverso la fiscalità generale e progressiva e dal riconoscimento che la
difesa della salute non è un costo ma un investimento da sostenere, a
partire dall’eliminazione dell’evasione fiscale. I veri sprechi sono la spesa
militare e il finanziamento delle fonti fossili per la produzione di energia
(nonché il malaffare e la corruzione con effetti disastrosi sulla salute come
la vicenda della Clinica Santa Rita di Milano ha posto all’attenzione di
tutti). In questo modo è possibile rilanciare l’impegno per la prevenzione,
alla base della Legge 833/1978.
5. Occorre ristabilire la subordinazione del settore
privato a quello pubblico quale attuazione del diritto costituzionale alla
salute. La crescita del settore privato ha drenato fondi pubblici mediante
le convenzioni e gli accreditamenti, in particolare per le prestazioni
profittevoli (inducendo sempre più in questa logica anche i dirigenti pubblici
messi in “concorrenza” col privato). In Lombardia, ad esempio, le strutture
private costituiscono il 40% del sistema sanitario (oltre il 45 % in termini di
fatturato). Il ruolo secondario e tardivo delle strutture private durante la
pandemia Covid- 19 e il rifiuto di ricorrere alla requisizione di tutte le
strutture private, come avvenuto in altri paesi europei, che potevano essere
utilizzate per rispondere all’attuale emergenza, confermano l’avvenuto
rovesciamento dei ruoli e la subalternità tra pubblico e privato.
6. La discussione deve aver al centro il rilancio dei servizi
territoriali a partire dal ruolo dei medici di base che va sostenuto, reso
agevole e garantito anche in termini di sicurezza degli operatori. Occorre
riprendere il filo del discorso di una prevenzione che parta dal territorio quale
sistema unitario e olistico di ambiente salubre, luoghi di lavoro sicuri e
idonee condizioni di vita ovunque. La riapertura delle aziende deve coincidere
con l’adozione di una organizzazione del lavoro, a partire dalla riduzione
degli orari, tali da perseguire il benessere dei lavoratori.
7. Per quanto sopra riteniamo che altri punti di
discussione, anche se non esaustivi, sono: - l’abolizione della libera
professione intramoenia; - l’eliminazione della “sanità
integrativa” o la sua limitazione a settori marginali, si fa riferimento anche
a quella contrattata nell’ambito del “welfare aziendale”: tutti devono poter
avere lo stesso accesso con gli stessi tempi e le stesse modalità ai servizi
sanitari; - il riconoscimento delle malattie professionali e degli infortuni
sul lavoro deve essere sottratto allo stesso ente che ne è l’assicuratore,
INAIL, e passare (come già previsto dalla legge 833/1978) a carico delle
ASL (chiamandole di nuovo USSL per rimarcarne l’impostazione
socio-sanitaria e locale); - la rimozione di ogni ipotesi di
regionalismo differenziato, puntando invece a garantire nel concreto in
modo uniforme in tutto il paese i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e, in
caso di emergenze, un approccio unitario e un intervento uniforme e coordinato;
- ricondurre a unità l’intervento pubblico di tutela di salute e
ambiente (One Health) in quanto le condizioni ambientali come quelle nei luoghi
di lavoro sono determinanti di salute, come confermato anche dalla attuale
emergenza pandemica; - tenere conto della salute animale: gli allevamenti
intensivi favoriscono il passaggio di specie dei virus e sono alla base della
promozione di consumi e abitudini alimentari non salutari.
8. Un discorso a parte merita la situazione
della Regione Lombardia per il ruolo in prima fila, svolto dagli anni
’90, nella “apertura” della sanità al privato a scapito del pubblico, con la
retorica dell’eccellenza dell’intervento di cura a scapito però della
prevenzione, il cui risultato è oggi il primato nel rapporto tra casi identificati
di COVID-19 e deceduti a livello nazionale e mondiale. Con il corollario della
mortalità (il 50 %) nelle RSA trasformate in lazzaretti, che ha indotto la
Procura della Repubblica del Tribunale di Milano ad avviare una rigorosa
indagine. Le forze politiche hanno dimostrato di essere inconcludenti e
incompetenti, assumendo decisioni contraddittorie e tardive, anteponendo gli
interessi di partito a quelli della salute. La richiesta di commissariamento
dell’amministrazione regionale lombarda sottoscritte da oltre 50.000 cittadini
sono sicuramente giustificate. Per parte nostra non mancheremo di studiare e
attuare ogni iniziativa utile per la salute della popolazione con rigorose ed
efficaci azioni legali per contribuire, anche a livello giudiziario, a svelare
i comportamenti che negli ultimi 20 anni hanno prodotto l’attuale sfacelo,
individuando anche le responsabilità personali.
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